Benché sia genitori che adolescenti riconoscano l’importanza delle regole, a volte è arduo comportarsi con fermezza.
I coniugi P., una coppia di professionisti, hanno due figli. Il padre è stato spesso all’estero per lavoro e l’educazione delle bambine è stata prevalentemente affidata alla madre. La signora P. proviene da una famiglia piuttosto rigida e da ragazza aveva avuto paura del padre. Quando le bimbe erano piccole aveva ripetuto gli schemi a cui era abituata, imponendo loro un regime molto severo.
Insomma, la signora P. trattava le figlie come era stata trattata lei. Le sembrava di non conoscere nessun altro modo di agire. Quando le bimbe cominciarono a stare insieme agli altri, alla signora vennero dei dubbi; dopotutto la sua esperienza non le era piaciuta.
Provò allora a fare quello che vedeva fare alle altre madri, diventò allora più indulgente e smise di usagli sculaccioni. Aveva però la sensazione di non conoscere altri modi di porre dei limiti. C’era ora poco senso della gerarchia e del rispetto: prima l’obbedienza era basata sulla forza e sulla paura, adesso erano tutte uguali e infelici.
Questo caso sui limiti e sulla fermezza illustra che rischi può comportare il fatto di non avere fin dall’inizio un senso chiaro e ragionevole dei limiti. La signora non sapeva cosa voleva dire stabilire dei limiti in modo fermo ma gentile, perché non era stata questa la sua esperienza da bambina.
Non pensava che fosse utile avere dei confini precisi, quanto piuttosto delle regole a cui obbedire. Perciò non le era chiaro che, mostrandosi ferma, poteva fare il bene delle sue figlie.
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Per poter stabilire dei limiti certi e ragionevoli dobbiamo averne avuto qualche esperienza e averli trovati utili. Allora il nostro comportamento scaturisce da una fiducia interiore, che si comunica ai nostri figli.
