Chi è educatore e quali i tratti di tale professione

Chi è l’ educatore e quali i tratti di tale professione

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Perché il ruolo dell’ educatore è poco chiaro

Storicamente l’educazione e la cura dei bambini non ha avuto un preciso riconoscimento da parte della società e le persone che si dedicavano a questa attività non godevano di un grande prestigio sociale.

Era un’attività legata alla specifica vocazione della mamma, in quanto era ritenuta geneticamente capace di accudire ed educare i piccoli.

Quindi l’allevamento non richiedeva specifiche conoscenze e competenze. È da questo equivoco storico che nasce la non chiarezza del ruolo dell’ educatore

Negli ultimi anni si è però ribadita la necessità di una formazione adeguata anche per tale figura.

Tale formazione, alla luce delle conoscenze, alla formazione in servizio, non può essere solamente legata all’esperienza, ma deve anche fondarsi su un solido curricolo formativo post-secondario.

Assume dunque importanza la formazione di base che deve fornire conoscenze e competenze iniziali necessarie a svolgere la sua attività.

Quindi innanzitutto una formazione a livello universitario, accompagnata da una formazione permanente che si sostanzia in frequenti aggiornamenti.

La professione dell’ educatore è comunque connotata da complessità e dinamicità ed è pertanto difficile definire in modo esaustivo un profilo professionale così complesso.

Vi sono però dei tratti peculiari che possono contribuire a definire alcuni aspetti di tale professione.

L’ educatore deve:

  • Saper offrire strumenti e attività per organizzare la mente del bambino;
  • Deve predisporre contesti per favorire le attività di esplorazione, comunicazione e di gioco;
  • Deve saper lavorare sulle relazioni, gestione e organizzazione della quotidianità, che si realizza con allestimenti di spazi e predisposizione di attività;
  • Svolge il ruolo di consulente della normalità e di professionista della vita;
  • Deve sapersi muovere in una relazione empatica che si realizza in un contenuto educativo;
  • Deve essere consapevole dei propri stati emotivi. Questo implica la disponibilità a cambiare;
  • Deve essere empatico, ovvero partecipare alla situazione emozionale di un’altra persona;
  • Deve fungere da contenitore per il bambino e accogliere il suo dolore, entrando in contatto con i suoi aspetti emozionali, perché solo in questo modo il bambino avrà la sensazione di essere compreso.

Questa accoglienza può pertanto essere considerata un metodo di lavoro complesso, un modo di essere.

La capacità di accogliere implica una competenza psicologica, relazionale ed una sensibilità empatica, cioè la capacità, come dicevamo, di entrare in sintonia con l’altro, di comprenderlo e adattarsi ai suoi bisogni.

Accogliere ha sempre una valenza emotiva ed implica anche la capacità di rassicurare e far sentire l’altro a proprio agio.