Quel Non dagli effetti contrari

Il periodo di opposizione: come “sopravvivere” ai no

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Come è bello quando il bambino ci fa contenti, quando ci abbraccia, quando ci coccola, quando voltandosi ci sorride, quando correndo apre le braccia per abbracciarci.

Quanto è bello quando poi cammina per tutta casa, con un pannolino più grande di lui/lei, quando ride per ogni cosa e soprattutto quando, teneramente, ci guarda con quegli occhioni…

Arriva però il momento nel quale vuole affermarsi come persona diversa dalle altre.

Ed è in questo momento che si assiste al periodo di opposizione, seguito dalla risposta “no” a qualunque cosa gli sia chiesta, col fare il contrario di quanto i grandi desiderano.

Quante volte capita di dire “non si tocca”, “non si fa” e puntualmente, con la faccia da furbetto, tocca l’oggetto, insomma fa esattamente il contrario!.

Comportamento esasperante per i genitori, che sono portati a considerarlo come una ribellione del bambino, divenuto “cocciuto” e “capriccioso” o bisognoso di essere educato ad obbedire.

In realtà il periodo di opposizione è un periodo in cui stesso il bambino lotta per avere il controllo delle sue funzioni corporee e sta valutando le richieste dell’ambiente.

È quando dice “no” a chi vuole imboccarlo, o a chi lo vuole aiutare a saltare da uno sgabello, o insegnargli ad usare un giocattolo.

Deve essere dunque visto come il periodo nel quale vuole raggiungere certi risultati da solo.

Perché compare il periodo di opposizione?

Come detto il bambino prova a trovare la sua autonomia ed identità, ed è naturale che si oppone al volere dei suoi genitori.

Il “pericolo” si presenta quando sia i genitori che il bambino cominciano ad impuntarsi su qualunque cosa, dalla più importante alla più banale, quando invece è necessario trovare una giusta via di mezzo.

Con questo non intendo dire che qualunque cosa voglia fare il bambino è giusta o che bisogna accettare tutti i suoi “no”, ma che è bene escogitare delle alternative.

Quali le vie alternative al periodo di opposizione

Per esempio: può fare quello che vuole coi suoi giocattoli ma non con la pappa; può sporcare il grembiulino (che deve indossare il più possibile) ma non il vestito nuovo e così via.

Con ciò si eviteranno grandi discussioni.

Quanto dura?

Ha una durata variabile a seconda del bambino e soprattutto a seconda di come viene affrontato dall’adulto.

In genere si ha un massimo tra i due anni e mezzo e i tre anni e mezzo, poi diminuisce.

Va poi ricordato che l’intervenire troppo nelle attività del bambino, l’interrompere i suoi giochi, il volergli imporre il proprio volere senza preavviso, senza dare il tempo di accettare la cosa, scatena l’aggressività del piccolo.

Ecco allora le crisi di collera, il battere i piedi, lo scagliare via un giocattolo e così via.

Queste manifestazioni indispettiscono e preoccupano i genitori, ma rappresentano una naturale conseguenza di quanto detto prima.

Anche in questo caso, se il bambino ha avuto un normale sviluppo emotivo ed i familiari sono sereni e tolleranti, le manifestazioni aggressive si fanno sempre più rare, e questo periodo viene superato senza troppe difficoltà.

Come sopravvivere

Una sola parola qui è necessaria: auto-controllo nei genitori. Questo è la migliore garanzia per il relativo auto-controllo nel bambino.

Ricordatevi che vostro figlio è una spugna ed assorbe tutto.

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. (Confucio)