Perché i bimbi autistici vivono in una bolla?

Perché i bimbi autistici vivono in una bolla?

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«Gli autistici vivono in una bolla». Si tratta di una delle principali leggende da sfatare, a cui si è creduto per molto tempo.

L’immagine della «bolla» è usata spessissimo quando si parla di autismo. Ma, nonostante il successo di questa espressione, il suo senso viene spesso frainteso; riteniamo infatti che non abbia il significato che si tende a darle.

La gente usa questo termine perché la persona autistica dà l’impressione di essere isolata, non si cura di chi ha attorno e non risponde quando la si chiama. Per questo si dice che vive «in una bolla».

Possiamo paragonare la «bolla» allo stato di standby di un computer o a una persona profondamente immersa nei suoi pensieri. Dentro la bolla, l’autistico è cosciente, ma le informazioni non lo raggiungono.

L’«effetto bolla» vale anche dall’interno: è come se le informazioni o la persona che parla rimanessero al di là di una finestra, in sottofondo. Non è una bolla affettiva: l’autismo non è un disturbo dell’affettività, ma della percezione.

Si tratta dunque di una bolla percettiva, direttamente legata all’elaborazione delle informazioni. Nella bolla, l’autistico non può né organizzare i propri pensieri né parlare, rimane statico. Non può assimilare né le informazioni esterne né quelle interne.

È come se il sistema nervoso che percepisce le informazioni provenienti dall’ambiente circostante e dall’interno del corpo fosse a corto di energia. Le aree cerebrali non si parlano, un po’ come se si tenessero il broncio a vicenda!

Quando si parla di interventi correttivi, ci si riferisce al lavoro necessario per favorire la sincronizzazione neuronale, così da consentire alle diverse aree cerebrali di comunicare. Come accade per i sordi, la bolla della persona autistica non è impenetrabile.

L’autistico vive esattamente nello stesso mondo dei non autistici, con la differenza che il suo cervello statico, con il suo particolare funzionamento interno, elabora le informazioni in entrata in modo diverso.

L’«effetto bolla» oggi si spiega basandosi sul funzionamento interno del cervello autistico. Intervenendo, possiamo aiutare la persona autistica a passare alla fase successiva del suo sviluppo.