Inserimento all'asilo cosa fare

L’inserimento all’asilo : come funziona e cosa è bene fare

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Settembre è ormai quasi vicino e molti genitori, vuoi per esigenze lavorative o altro, iniziano a guardarsi intorno, a scegliere l’ asilo giusto per il proprio piccolo.

Articolo in collaborazione con Bambino Mio

Oggi ti parlo di come funziona l’inserimento all’asilo e di cosa è bene fare.

Inserimento all' asilo cosa fare
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La funzione dell’asilo

Prima di entrare nel merito è bene sapere che il nido riveste una funzione educativa che si realizza nella possibilità, per il bambino, di aprirsi al di là della sua famiglia, ad una comunità costituita da altri adulti e da altri bambini, coetanei o quasi.

Inoltre ha una funzione di socializzazione in quanto viene data ai genitori, ed in particolare alla madre, la possibilità di aprirsi anch’essa ad una comunità nella quale trova altri adulti con i quali condividere i loro compiti di educatori, discutendo la loro condizione di genitore.

Deve essere chiaro che, parlando di “apertura” dei bambini e dei genitori ad una dimensione più ampia di quella familiare, non si vuole mettere in discussione la funzione, i compiti, le responsabilità che i genitori hanno nei riguardi dell’educazione dei figli.

Questi compiti restano sempre primari e vengono potenziati ed arricchiti di significati nuovi.

Inserimento: come funziona?

Nel contesto della problematica dei rapporti tra genitori e personale del nido – problematica complessa, che richiederebbe una trattazione a sé – aspetto rilevante di essa è quella riguardante l’inserimento.

La prima considerazione da fare è che anche i genitori, oltre al personale, dovrebbero “prendersi in carico” il problema dell’inserimento del loro figlio, e non considerarlo solo come un problema del personale.

A questo proposito noterete che l’inserimento al nido non può limitarsi agli incontri con il personale al momento di accompagnare il piccolo, ma richiede, nei primi giorni, la permanenza di uno dei genitori.

La permanenza nella struttura

La durata di questa permanenza dovrebbe aggirarsi intorno alle due settimane (ma potrà variare a seconda dell’età del bambino e del modo in cui vive il suo inserimento).

La madre che lavora non dovrebbe aspettare la fine del suo congedo per maternità per portare il bambino al nido, ma dovrebbe cominciare a portarlo un pò prima onde avere la possibilità di rimanere con lui.

Circa le ore che la madre deve passare, generalmente si suggerisce una permanenza di poche ore, al termine delle quali il genitore e le educatrici, dovranno cercare di far partecipare il piccolo alla vita del nido – non mancheranno certo difficoltà per molti bambini – attraverso rapporti sempre più intensi con le educatrici.

A questo intensificarsi dei rapporti con il personale, corrisponderà un graduale distacco dal genitore che comincerà a lasciare la struttura per qualche ora fino a limitare la sua permanenza.

Circa il cosa è bene che faccia il genitore durante le ore di permanenza, saranno le reazioni del bambino a suggerire il modo migliore.

L’individuazione del modo migliore dovrà essere oggetto di riflessione delle educatrici e dei genitori, per risolvere i singoli casi.

Possibilità da mettere in atto è quella che il genitore inizialmente dovrà assumere il ruolo di osservatore distaccato, per passare poi, secondo la disponibilità del figlio, ad una partecipazione alle attività del nido